17 Mag 2024
Oggi a Istanbul la prima intesa Mosca-Kiev dall'inizio della guerra
Il prezzo del grano in calo con la svolta che ha portato all'intesa tra Ucraina e Russia, che firmeranno un accordo oggi a Instanbul.
 
 Le quotazioni del grano duro scendono dell'1,39% a 849,25 dollari per contratto da 5mila staia. 
Il grano tenero cede l'1,61% a 793,25 dollari. 
 
Quello di Istanbul dovrebbe essere il primo vero accordo sui corridoi nel Mar Nero per l'esportazione di cereali dai porti dell'Ucraina. E soprattutto la prima intesa tra Mosca e Kiev dall'inizio della guerra il 24 febbraio. Non a caso sarà presente anche il segretario generale dell'Onu, Antonio Guterres. Ad annunciarlo è stato l'ufficio del presidente turco Recep Tayyip Erdogan, grande mediatore dell'intesa, che verrà sottoscritta dalle delegazioni russa e ucraina nel sontuoso Palazzo Dolmabahce, sullo Stretto del Bosforo. 
Che l'intesa fosse nell'aria si era capito sin dall'incontro di tre giorni fa a Teheran tra Erdogan e il presidente russo Vladimir Putin, che aveva parlato di "progressi sull'esportazione di grano ucraino", cosa che aveva definito "un buon segno". Tuttavia, lo stesso Putin aveva sottolineato che qualsiasi accordo doveva comprendere anche le esportazioni bloccate di grano russo. Il ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu aveva dal canto suo affermato che "quando risolveremo questo problema, non solo verrà aperto il percorso di esportazione per il grano e l'olio di girasole dall'Ucraina, ma anche per i prodotti dalla Russia". 
 
Di qui la svolta e l'annuncio. "L'accordo sull'esportazione di grano, di fondamentale importanza per la sicurezza alimentare globale, sarà firmato a Istanbul sotto gli auspici del presidente Erdogan e del segretario generale dell'Onu Guterres insieme alle delegazioni ucraina e russa", ha affermato il portavoce del leader turco Ibrahim Kalin. 
Un membro della delegazione di Kiev per i negoziati, Rustem Umerov, ha fatto sapere che le spedizioni potrebbero riprendere da tre porti sotto il pieno controllo ucraino, ovvero Odessa, Pivdennyi e Chornomorsk. Secondo le stime, circa 25 milioni di tonnellate di grano e altri cereali sono bloccate nei porti ucraini. Un blocco che ha provocato una crisi alimentare mondiale. (di Alberto Zanconato - ANSA)

La Vice Presidente di ACLI TERRA Arianna Zizzo durante l'incontro sulla PAC organizzato dal Ministero delle politiche agricole ha dichiarato : <<ci uniamo ai ringraziamenti per l'operato del Ministro Patuanelli e del Direttore Blasi. Auspichiamo in un proficuo proseguio del confronto e del dibattito a sostegno del settore e dell'intero comparto. Vorremmo una maggiore attenzione al mondo rurale femminile e sociale, il mondo rurale sociale è un intervento che recupera la funzione sociale che l'agricoltura aveva nella società rurale – solidarietà, integrazione, valorizzazione della dimensione relazionale – e la mette a disposizione dei servizi alla persona. Inoltre si chiede un potenziamento dei servizi AGEA, l'inserimento di domande o risoluzione di problemi crea molti ostacoli alla presentazione di DPU. lo sviluppo rurale è una strategia fondamentale in agricoltura, che può dare in termini di servizi per migliorare la nostra agricoltura che ha un ruolo fondamentale sui territori>>.

Siamo nel pieno di una calda estate. Ma questa volta non ci sembra una occasione di pause rilassanti ma piuttosto si prospetta carica d’ansia e di incertezze, ancor più dopo gli esiti Parlamentari che ci porterà a nuove elezioni nelle prossime settimane. 
 
Non mancavano certo già grosse difficoltà per il sistema economico e produttivo del nostro Paese per la pandemia, la guerra in Ucraina, le crisi energetiche e climatiche da affrontare.
 
I tempi frenetici e le dinamiche repentine del mondo moderno non si conciliano con i ritmi scanditi dai cicli stagionali dell’agricoltura ed in particolare dell’agricoltura delle aree interne che sembra viaggiare con ritmi inversamente proporzionali a quelli delle attività economiche degli altri settori.
 
Osservando poi gli scenari aperti dalle crisi dei tempi recenti non possiamo non notare quanto la progressiva marginalizzazione delle attività agricole delle aree interne coincida con l’altrettanto progressiva tendenza dei mercati ad approvvigionarsi di  quantitativi di massa e da produzioni intensive e magari estere. E solo a seguito di eventi eccezionali come il conflitto in Ucraina, ci accorgiamo che forse favorire gli scambi internazionali per ragioni squisitamente economiche ed a scapito delle produzioni locali, ci ha rende dipendenti e non autosufficienti anche per le materie prime alimentari.
 
D’altro canto, i recenti dati statistici diffusi da Istat ci dicono che in Italia le aziende agricole sono diminuite a 1.133.023 con un calo del 30% nell’ultimo decennio. La Campania detiene il primato nazionale con un calo a dir poco allarmante che si è attestato al 42%. Il dettaglio del dato potrà sicuramente confermare che tale calo riguarda principalmente le aree interne ed in particolare le aree svantaggiate. L’altro dato allarmante riguarda il progressivo invecchiamento della popolazione agricola che oggi registra circa il 60% degli operatori oltre i 60 anni di età e solo il 6% al di sotto dei 30.  Anche il numero degli addetti in agricoltura registra un calo importante: -27,3% con 2,8 mln di addetti. 
 
E’ paradossale assistere a questo silenzioso e drammatico fenomeno in questo momento storico che vede al centro dell’attenzione pubblica l’interesse per la tipicità delle produzioni locali,  il valore paesaggistico del territorio, la qualità di vita più a misura d’uomo nei piccoli centri rurali. Come pure stride con la realtà produttiva che vede ridotto drasticamente il numero delle aziende attive a fronte della crescente e già ricca varietà e quantità di prodotti tipici riconosciuti PAT (Prodotti Agroalimentari Tradizionali) strettamente connessi quindi con l’agricoltura, la pesca e l’allevamento locali.  La riprova è sempre la Regione Campania che detiene il primato nazionale del numero di prodotti riconosciuti PAT (ben 580) e al contempo, registra il maggior calo di aziende (-42%).
 
Detto questo è evidente dai numeri che NON sono stati efficaci gli interventi messi in campo fino ad oggi dalla politica e dalle istituzioni: 
- Perché non hanno funzionato gli incentivi per favorire il ricambio generazionale nella conduzione aziendale?
- Sono state insufficienti le risorse messe in campo per accompagnare l’ammodernamento tecnologico delle aziende?
Probabilmente entrambi, ma a questo punto è chiaro che manca una direzione di marcia! 
 
Il Bel Paese - noto ed invidiato in tutto il mondo per il suo straordinario patrimonio gastronomico, patria della Dieta Mediterranea iscritta il 16 Novembre 2010 dall’UNESCO nella Lista del Patrimonio Culturale Immateriale dell'Umanità, su proposta di Italia, Spagna, Grecia, Marocco, definita “un insieme di competenze, conoscenze, riti, simboli e tradizioni, che vanno dal paesaggio alla tavola” e dichiarando che …è molto più che un semplice elenco di alimenti. Essa promuove l'interazione sociale, poiché il pasto in comune è alla base dei costumi sociali e delle festività condivise da una data comunità, e ha dato luogo a un notevole corpus di conoscenze, canzoni, massime, racconti e leggende. La Dieta si fonda nel rispetto per il territorio e la biodiversità, e garantisce la conservazione e lo sviluppo delle attività tradizionali e dei mestieri collegati alla pesca e all'agricoltura nelle comunità del Mediterraneo" - perché non è stato capace di riconoscere questo suo patrimonio come valore da preservare e da valorizzare? 
 
Come ha potuto proprio l’Italia consentirsi di perdere il 30% di questo suo patrimonio produttivo (quasi 400.000 aziende) e il 27% degli addetti (oltre 750.000 lavoratori) a dieci anni dal riconoscimento della Dieta Mediterranea a Patrimonio Immateriale dell'Umanità? 
 
E ci si chiede: con quali prospettive operano oggi le attività agricole, dell’allevamento e della Pesca nel nostro Paese? 
 
Siamo proprio certi che le aree interne siano da destinare a rimanere economie marginali?  Ed è proprio trascurabile l’effetto irreversibile dell’abbandono dei territori e dello spopolamento dei piccoli comuni? 
 
Se proprio fosse così, quali sono gli effetti positivi che ci consegna questa sfrenata globalizzazione della filiera del cibo? al momento 400.000 aziende chiuse e 750.000 posti di lavoro persi! 
Ah, Potrebbe andare peggio nel prossimo decennio.
 
Forse è proprio il caso di cambiare direzione di marcia! 
RIPARTIRE DALLE AREE INTERNE
 
ACLI TERRA DELLA CAMPANIA

FESTIVOIL è un evento organizzato dall’Azienda Agricola Perrizzelli, in collaborazione con l’A.PO.L. e UNAPOL.
Esso nasce dalla voglia di far festa in una calda serata d’estate! Sì, festeggiare la propria terra e i suoi prodotti, in particolare l’olio extra vergine di oliva di qualità. Una festa che dia impulso e vita ad un territorio che ha molto da offrire, per la sua bellezza e per le aziende che ben si mescolano con le loro viti, i loro ulivi, i loro orti senza deturpare il paesaggio in cui sono intercalati.

Interverranno durante la serata Tommaso Loiodice, presidente UNAPOL, Sabrina Pupillo e Cosimo Damiano Guarini, autori del libro IL PELO NELL’OLIO e Paolo Leoci de L’ACCEDEMIA DEI TIPICI.
Non mancheranno musica (Quartetto di archi “Classici per caso”) e degustazioni a cura di Borgo Sassi, a base di Caius Oratus, olio extra vergine di oliva dell’Azienda Agricola Petrizzelli, selezionato tra le migliori Coratine del mondo dal Concorso Internazionale Leone d’Oro 2022.

La serata si svolgerà in una splendida atmosfera, tra gli ulivi della Cultivar Coratina, quando il cielo dalle accese sfumature rossastre lascerà il posto ad un blu trapunto di simpatiche lucine bianche.

Evento gratuito. Posti limitati.
Necessaria prenotazione al 3491471173 o a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

L’estate che stiamo vivendo sta già registrando temperature da record che si protraggono dal mese di Maggio scorso, con enormi problemi per l’agricoltura e l’allarme siccità che diventa sempre più critico con le ore che passano. E’ di qualche giorno fa l’annuncio con il quale il Consiglio dei ministri ha dichiarato lo stato di emergenza per la siccità in Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Veneto e Piemonte fino al prossimo 31 dicembre 2022. Una misura che si prevede verrà estesa a molte altre regioni del centro e sud Italia, in considerazione del fatto che tale emergenza è una costante in molte regioni del Mezzogiorno, come Puglia, Sicilia ecc.

“Le ondate di caldo anomalo, con picchi talvolta superiori ai 40 gradi hanno impattato in maniera devastante sul settore agricolo, con perdite stimate ed effettive che vanno ad aggiungersi ad una situazione già minata dal caro delle materie prime legato alla guerra in Ucraina”; sono le parole di Tommaso Loiodice, presidente di Unapol, Unione Nazionale Associazioni Produttori Olivicoli, che esprime la sua grande preoccupazione per “campi e terreni completamente asciutti, non in grado di assorbire le sporadiche bombe d’acqua, quelle violentissime e dannose precipitazioni che sono state registrate in regioni come la Puglia nella scorsa settimana”.

Anomalie metereologiche sintomo dei cambiamenti climatici con i quali gli agricoltori fanno i conti già da qualche decennio, e che stanno portando alla desertificazione e al radicale mutamento di tante aree un tempo floride e produttive della Penisola. “Ciò che bisognerebbe far capire all’opinione pubblica è che non si tratta di un problema circoscritto alle categorie agricole. Gli effetti della siccità ricadono come un domino sull’economia delle famiglie, dei consumatori che vedono aumentare i prezzi dei prodotti della terra”. 

“Lo Stato”, prosegue Loiodice “attraverso gli aiuti e i milioni stanziati per l’emergenza in corso, sta tendendo la mano agli agricoltori in affanno, ma servono soprattutto soluzioni a medio e lungo termine”.

Unapol da sempre è in contatto con le realtà agricole e i referenti istituzionali: “Con i nostri momenti d’incontro vogliamo stimolare il dialogo tra gli imprenditori agricoli e le istituzioni, poiché uno dei nostri scopi è quello di ascoltare e dar voce ai nostri produttori olivicoli. Sono tante le soluzioni proposte, alcune molto interessanti e concrete. Come l’invito a tutte le amministrazioni comunali ad attivarsi per il riutilizzo delle acque affinate provenienti dai depuratori e per creare accordi intercomunali, laddove la geomorfologia del territorio lo consenta, al fine di individuare aree in cui è possibile la realizzazione di invasi naturali, sino a studiare la possibilità di utilizzare cave dismesse come bacini di raccolta acqua”.

“L’agricoltura tutta, e il settore olivicolo che noi rappresentiamo, sono una risorsa inestimabile per il nostro Paese e abbiamo il dovere di tutelarla in ogni modo possibile. Stiamo assistendo a mutamenti climatici repentini che rischiano di cancellare per sempre la nostra biodiversità. E’ giunto il momento di mettere in atto soluzioni realmente efficaci in grado di proteggere il nostro patrimonio verde, affinché le future generazioni possano godere anch’esse della spettacolare visione di un ulivo monumentale e gustare un prodotto, l’olio extravergine d’oliva, considerato oro per il palato sin dai tempi dei romani”.