15 Mag 2024

ACLI TERRA ha appreso la proposta dei Sottosegretari Federico Freni e Gian Marco Centinaio di azzerare l'Iva sui generi alimentari di prima necessità e di scendere dal 10% al 5% per gli altri, come carne e pesce, e la sostiene.
<<Bene, è un impegno sicuramente utile per salvaguardare il potere di acquisto delle famiglie - afferma il Presidente Nazionale Nicola Tavoletta - ma chiediamo che sia assolutamente monitorato l'effettivo calo dei prezzi in maniera capillare e che non vengano danneggiati i produttori in regime speciale forfettario>>.

Una delegazione di agricoltori piemontesi e siciliani con piantagioni di Topinambur, dal 22 al 24 luglio, sono venuti a promuovere tale coltura nel Lazio e in particolare in provincia di Latina.
L'iniziativa promossa da ACLI TERRA ha visto la partecipazione del Presidente Nazionale Nicola Tavoletta che ha accompagnato gli stessi in incontri con agricoltori del territorio. Il Topinambur è un tubero adatto a crescere nelle zone con canali, quindi proprio nell' Agro Pontino.
Lo stesso prodotto è stato sperimentato in maniera creativa nella cucina di chef locali per dimostrarne le potenzialità culinarie.
Per il Presidente Tavoletta << il confronto diretto tra produttori e potenziali coltivatori ha un valore tecnico importante, in alcuni casi convincente, e la nostra Organizzazione ha la missione di favorirli, soprattutto tra nostri iscritti. Ci ha fatto piacere coinvolgere anche la ristorazione locale. ACLI TERRA svolge su tutto il territorio nazionale tali iniziative di scambio ed apprendimento>>.
Per il Presidente provinciale Maria Cristina Di Pofi << non mi aspettavo l'interesse che ha suscitato tale tubero di origine canadese negli incontri svolti questa settimana, ma è chiara la sua diffusione nelle diete attuali, quindi l'apertura di un mercato per gli agricoltori pontini. I tecnici di ACLI TERRA sono disponibili ad assistere coloro che sono interessati a sviluppare tale coltivazione>>.

La Vice Presidente di ACLI TERRA Arianna Zizzo durante l'incontro sulla PAC organizzato dal Ministero delle politiche agricole ha dichiarato : <<ci uniamo ai ringraziamenti per l'operato del Ministro Patuanelli e del Direttore Blasi. Auspichiamo in un proficuo proseguio del confronto e del dibattito a sostegno del settore e dell'intero comparto. Vorremmo una maggiore attenzione al mondo rurale femminile e sociale, il mondo rurale sociale è un intervento che recupera la funzione sociale che l'agricoltura aveva nella società rurale – solidarietà, integrazione, valorizzazione della dimensione relazionale – e la mette a disposizione dei servizi alla persona. Inoltre si chiede un potenziamento dei servizi AGEA, l'inserimento di domande o risoluzione di problemi crea molti ostacoli alla presentazione di DPU. lo sviluppo rurale è una strategia fondamentale in agricoltura, che può dare in termini di servizi per migliorare la nostra agricoltura che ha un ruolo fondamentale sui territori>>.

Siamo nel pieno di una calda estate. Ma questa volta non ci sembra una occasione di pause rilassanti ma piuttosto si prospetta carica d’ansia e di incertezze, ancor più dopo gli esiti Parlamentari che ci porterà a nuove elezioni nelle prossime settimane. 
 
Non mancavano certo già grosse difficoltà per il sistema economico e produttivo del nostro Paese per la pandemia, la guerra in Ucraina, le crisi energetiche e climatiche da affrontare.
 
I tempi frenetici e le dinamiche repentine del mondo moderno non si conciliano con i ritmi scanditi dai cicli stagionali dell’agricoltura ed in particolare dell’agricoltura delle aree interne che sembra viaggiare con ritmi inversamente proporzionali a quelli delle attività economiche degli altri settori.
 
Osservando poi gli scenari aperti dalle crisi dei tempi recenti non possiamo non notare quanto la progressiva marginalizzazione delle attività agricole delle aree interne coincida con l’altrettanto progressiva tendenza dei mercati ad approvvigionarsi di  quantitativi di massa e da produzioni intensive e magari estere. E solo a seguito di eventi eccezionali come il conflitto in Ucraina, ci accorgiamo che forse favorire gli scambi internazionali per ragioni squisitamente economiche ed a scapito delle produzioni locali, ci ha rende dipendenti e non autosufficienti anche per le materie prime alimentari.
 
D’altro canto, i recenti dati statistici diffusi da Istat ci dicono che in Italia le aziende agricole sono diminuite a 1.133.023 con un calo del 30% nell’ultimo decennio. La Campania detiene il primato nazionale con un calo a dir poco allarmante che si è attestato al 42%. Il dettaglio del dato potrà sicuramente confermare che tale calo riguarda principalmente le aree interne ed in particolare le aree svantaggiate. L’altro dato allarmante riguarda il progressivo invecchiamento della popolazione agricola che oggi registra circa il 60% degli operatori oltre i 60 anni di età e solo il 6% al di sotto dei 30.  Anche il numero degli addetti in agricoltura registra un calo importante: -27,3% con 2,8 mln di addetti. 
 
E’ paradossale assistere a questo silenzioso e drammatico fenomeno in questo momento storico che vede al centro dell’attenzione pubblica l’interesse per la tipicità delle produzioni locali,  il valore paesaggistico del territorio, la qualità di vita più a misura d’uomo nei piccoli centri rurali. Come pure stride con la realtà produttiva che vede ridotto drasticamente il numero delle aziende attive a fronte della crescente e già ricca varietà e quantità di prodotti tipici riconosciuti PAT (Prodotti Agroalimentari Tradizionali) strettamente connessi quindi con l’agricoltura, la pesca e l’allevamento locali.  La riprova è sempre la Regione Campania che detiene il primato nazionale del numero di prodotti riconosciuti PAT (ben 580) e al contempo, registra il maggior calo di aziende (-42%).
 
Detto questo è evidente dai numeri che NON sono stati efficaci gli interventi messi in campo fino ad oggi dalla politica e dalle istituzioni: 
- Perché non hanno funzionato gli incentivi per favorire il ricambio generazionale nella conduzione aziendale?
- Sono state insufficienti le risorse messe in campo per accompagnare l’ammodernamento tecnologico delle aziende?
Probabilmente entrambi, ma a questo punto è chiaro che manca una direzione di marcia! 
 
Il Bel Paese - noto ed invidiato in tutto il mondo per il suo straordinario patrimonio gastronomico, patria della Dieta Mediterranea iscritta il 16 Novembre 2010 dall’UNESCO nella Lista del Patrimonio Culturale Immateriale dell'Umanità, su proposta di Italia, Spagna, Grecia, Marocco, definita “un insieme di competenze, conoscenze, riti, simboli e tradizioni, che vanno dal paesaggio alla tavola” e dichiarando che …è molto più che un semplice elenco di alimenti. Essa promuove l'interazione sociale, poiché il pasto in comune è alla base dei costumi sociali e delle festività condivise da una data comunità, e ha dato luogo a un notevole corpus di conoscenze, canzoni, massime, racconti e leggende. La Dieta si fonda nel rispetto per il territorio e la biodiversità, e garantisce la conservazione e lo sviluppo delle attività tradizionali e dei mestieri collegati alla pesca e all'agricoltura nelle comunità del Mediterraneo" - perché non è stato capace di riconoscere questo suo patrimonio come valore da preservare e da valorizzare? 
 
Come ha potuto proprio l’Italia consentirsi di perdere il 30% di questo suo patrimonio produttivo (quasi 400.000 aziende) e il 27% degli addetti (oltre 750.000 lavoratori) a dieci anni dal riconoscimento della Dieta Mediterranea a Patrimonio Immateriale dell'Umanità? 
 
E ci si chiede: con quali prospettive operano oggi le attività agricole, dell’allevamento e della Pesca nel nostro Paese? 
 
Siamo proprio certi che le aree interne siano da destinare a rimanere economie marginali?  Ed è proprio trascurabile l’effetto irreversibile dell’abbandono dei territori e dello spopolamento dei piccoli comuni? 
 
Se proprio fosse così, quali sono gli effetti positivi che ci consegna questa sfrenata globalizzazione della filiera del cibo? al momento 400.000 aziende chiuse e 750.000 posti di lavoro persi! 
Ah, Potrebbe andare peggio nel prossimo decennio.
 
Forse è proprio il caso di cambiare direzione di marcia! 
RIPARTIRE DALLE AREE INTERNE
 
ACLI TERRA DELLA CAMPANIA

<<In queste ore divampano numerosissimi roghi in tutta Italia, così come, purtroppo, abbiamo notizie da decenni - afferma il Presidente Nazionale di ACLI TERRA Nicola Tavoletta-
Sicuramente è un fenomeno favorito dalle alte temperature e dalla mancanza di pioggie, ma un elemento è assodato, cioè che la stragrande maggioranza degli incendi ha origine dolosa.
Vi è quasi sempre la responsabilità umana.
Attenzione, non è un fenomeno solo italiano, ma mediterraneo.
In primavera abbiamo presentato la proposta di ACLI TERRA, che continuiamo a sostenere. Una maniera efficace per controllare il territorio - continua il Presidente Nazionale - è il coinvolgimento delle organizzazioni di terzo settore da giugno a settembre. Per anni sono stato un volontario antincendio e dove funzionava tale sistema, con osservatori diffusi affidati alle associazioni lì diminuiva il fenomeno o addirittura c'erano estati di tregua.
Il coordinamento spetta sempre allo Stato e alle Forze dell'Ordine, ma la miriade di rifugi ed osservatori dovrebbero essere affidati alle organizzazioni. Ciò comporta che durante l'anno i volontari vanno sottoposti ad una gratuita formazione e dotati della strumentazione idonea di spegnimento. Tutte spese già ampiamente previste da decenni. Sarebbe utile lavorare in questo senso con un grande piano nazionale e non solo con accordi locali come già avviene>>